Buchi Neri


Buco nero al centro della galassia NGC 4261, distante 100 milioni di anni luce da noi, nella costellazione della Vergine. In base alla velocità di rotazione del disco che lo circonda, la sua massa è stimata a 1.2 miliardi di masse solari, pur occupando un'area non più grande del Sistema Solare

Nella relatività generale, si definisce buco nero (black hole in inglese) una regione dello spaziotempo con un campo gravitazionale così forte e intenso che nulla al suo interno può sfuggire all'esterno, nemmeno la luce. [1]

Classicamente, questo avviene attorno ad un corpo celeste estremamente denso nel caso in cui tale corpo sia dotato di un'attrazione gravitazionale talmente elevata che la velocità di fuga dalla sua superficie risulti superiore alla velocità della luce. Da un punto di vista relativistico, invece, la deformazione dello spaziotempodovuta ad una massa così densa è tale che la luce subisce, in una simile situazione limite, un redshiftgravitazionale infinito. In altre parole, la luce perde tutta la sua energia cercando di uscire dal buco nero. La superficie limite al di là della quale tali fenomeni avvengono è detta orizzonte degli eventi.

Da questa caratteristica, deriva l'aggettivo "nero", dal momento che un buco nero non può emettere luce. Dal fatto che nessuna particella può sfuggirgli (nemmeno i fotoni), una volta catturata, risulta invece appropriato il termine "buco". Un corpo celeste con questa proprietà risulterebbe, quindi, invisibile e la sua presenza potrebbe essere rilevata solo indirettamente, tramite gli effetti della materia che precipita nel suo intenso campo gravitazionale. Fino ad oggi, sono state raccolte numerose osservazioni astrofisiche che possono essere interpretate (anche se non univocamente) come indicazioni dell'effettiva esistenza di buchi neri nell'universo, come le galassie attive o le binarie X. Il termine "buco nero" è dovuto al fisico John Archibald Wheeler (in precedenza si parlava di dark star o black star).

Oggetti i cui campi gravitazionali sono troppo forti per permettere alla luce di fuggire sono stati teorizzati nel XVIII secolo da John Michell e Pierre-Simon Laplace. La prima soluzione moderna della relatività generale, che avrebbe caratterizzato un buco nero, è stata trovata da Karl Schwarzschild nel 1916, anche se la sua interpretazione relativa a una regione di spazio da cui nulla può sfuggire è stata pubblicata da David Finkelstein nel 1958. A lungo considerata una curiosità matematica, risale agli anni '60 la dimostrazione teorica che i buchi neri erano una previsione generica della relatività generale. La scoperta successiva delle stelle di neutroni ha suscitato interesse negli oggetti compatti collassati su loro stessi per via della loro forza gravitazionale come una possibile realtà astrofisica.